Con la decisione n. 5073 del 16/2/2022 la Cassazione ha affermato che l’area adibita a parcheggio in concessione è soggetta al pagamento della tassa rifiuti, respingendo il ricorso di una società che gestiva un parcheggio a pagamento.
Il giudizio di merito si era concluso sfavorevolmente per il contribuente, avendo al CTR confermato la pronuncia della CTP di rigetto dell’impugnazione del provvedimento comunale di soggezione a TARI dell’area adibita a parcheggio in concessione. Il gestore propone così ricorso in Cassazione eccependo, in particolare, violazione di legge per mancanza del presupposto impositivo della detenzione di aree.
La Cassazione respinge il ricorso evidenziando che il presupposto impositivo della tassa rifiuti è costituito dal solo fatto oggettivo della occupazione o della detenzione del locale o dell’area scoperta, a qualsiasi uso adibiti, e prescinde, quindi, del tutto dal titolo, di diritto o di fatto, in base al quale l’area o il locale sono occupati o detenuti. Conseguentemente la tassa è dovuta dal soggetto che occupa o detiene un’area per la gestione di un parcheggio affidatagli dal Comune in concessione, restando del tutto irrilevante l’eventuale attinenza della gestione stessa alla fase sinallagmatica del rapporto con il Comune.
Peraltro, pur considerando che l’art. 62, comma 2, del D.Lgs. n. 507/1993, nell’escludere dall’assoggettamento al tributo i locali e le aree che non possono produrre rifiuti “per il particolare uso cui sono stabilmente destinati”, chiaramente esige che sia provata dal contribuente non solo la stabile destinazione dell’area ad un determinato uso (quale, nella fattispecie, il parcheggio), ma anche la circostanza che tale uso non comporta produzione di rifiuti.
Nella specie, la CTR ha accertato che il concessionario del servizio di parcheggio era detentore dell’area destinata a parcheggio e, in quanto tale, era obbligato al pagamento del tributo.
La Cassazione conferma così il proprio orientamento secondo cui il tributo è dovuto dal gestore del parcheggio a pagamento in quanto il presupposto della tassa è la produzione dei rifiuti che può derivare anche dall’occupazione di suolo pubblico per effetto di convenzione con il Comune, produzione alla cui raccolta e smaltimento sono tenuti a contribuire tutti coloro che occupano aree scoperte (si vedano le decisioni n. 13185 del 16/5/2019, n. 18497 del 26/7/2017 e n. 15440 del 21/6/2017). Inoltre, con le sentenze n. 15851 del 19/7/2011 e n. 13100 del 25/7/2012 la Cassazione ha affermato che l’area adibita a parcheggio a pagamento, anche se non recintata (le cd. strisce blu), è soggetta al pagamento della Tarsu, come recentemente confermato dalla stessa Corte con la decisione n. 19739 del 12/7/2021.
Non mancano, tuttavia, pronunce di merito che attribuiscono rilevanza alla natura del rapporto tra l’ente e l’affidatario del servizio, distinguendo il caso della concessione di un’area che viene sottratta all’uso pubblico dal caso in cui alla società sia soltanto affidato il mero servizio di gestione del parcheggio con il potere di esazione delle somme dovute dai singoli per l’uso del parcheggio. La Tari è dovuta solo nel primo caso, non anche nel secondo. In tal senso si è pronunciata la Ctr del Molise con la sentenza n. 562 dell’11/9/2018, affermando che la società privata che gestisce il parcheggio a pagamento in appalto, riscuotendo un aggio sulla riscossione dei proventi, non è tenuta al pagamento della Tari se si tratta di aree a parcheggio situate sulla pubblica via, liberamente e contestualmente fruite dall’intera collettività.
Si tratta comunque di un orientamento che al momento non trova conferma nella giurisprudenza di Cassazione, la quale si è costantemente pronunciata per la tassabilità delle aree adibite a parcheggi pubblici relativamente alla tassa rifiuti.
Diversa è invece la situazione per la TOSAP, dal momento che recentemente la Cassazione ritiene che sia tassabile il parcheggio assegnato in concessione e sia invece esente quello affidato in appalto, attribuendo così rilevanza alla natura del rapporto (Cass. n. 613/2020 e Cass. 28340/2019).
di Giuseppe Debenedetto