I dati del DESI certificano il vero digital divide italiano: investire in formazione è l’unica strategia possibile. Dal 2014 ogni anno la Commissione Europea dà le pagelle agli stati membri dell’UE sullo stato di digitalizzazione dell’economia e della società di ogni singolo Paese.
Si tratta del
DESI Digital Economy and Society Index, indagine che serve a fare il punto sui risultati delle politiche intraprese in materia di banda larga, competenze digitali, uso di Internet, digitalizzazione delle imprese, servizi pubblici digitali, tecnologie emergenti e cibersicurezza.
Nelle scorse settimane sono stati pubblicati i dati relativi al 2019 e, purtroppo, non ci sono buone notizie per l’Italia. Il nostro Paese, dopo i progressi registrati negli anni scorsi, torna a perdere terreno rispetto agli altri Stati dell’UE, collocandosi al 25° (su 28).
Tuttavia, contrariamente a quanto potrebbe pensarsi, l’arretratezza italica non è dovuta né alle infrastrutture (l’Italia, ad esempio, è in una buona posizione per la preparazione al 5G) né alla scarsa digitalizzazione della pubblica amministrazione (i servizi in rete della PA sono superiori rispetto alla media UE). La vera motivazione del fallimento delle politiche sull’agenda digitale è rappresentato dalle carenze relative al capitale umano. Rispetto alla media UE, infatti, il nostro Paese registra livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi. Solo il 42% delle persone tra i 16 e i 74 anni possiede almeno competenze digitali di base, solo il 22% possiede competenze superiori rispetto a quelle di base. Anche il numero di specialisti e laureati nel settore ICT è molto al di sotto della media europea. Come evidenziato dalla relazione, queste carenze in termini di competenze digitali si riflettono nel modesto utilizzo dei servizi online, compresi i servizi pubblici digitali. Solo il 74% degli italiani usa abitualmente Internet e solo il 32% usufruisce attivamente dei servizi di e.government (la media UE è il 67%).
Competenze (digitali), la vera emergenza nazionale
Indipendentemente dall’impulso alla trasformazione digitale del settore pubblico - che indubbiamente è stato dato dall’emergenza - i dati del DESI devono far riflettere, soprattutto per quando riguarda le competenze digitali e i servizi online.
Non si tratta di temi sui quali è possibile improvvisare e che, per questo motivo, sono al centro da anni della strategia nazionale sulla digitalizzazione del settore pubblico.
Il Piano triennale per l’Informatica nella PA 2019-2021 dedica particolare attenzione al “rafforzamento delle competenze”, prevedendo specifiche linee di azione. Uno degli obiettivi indicati dal Piano è proprio quello di individuare strumenti per lo sviluppo di capitale umano, tecnologie e servizi orientati a conseguire una maggiore efficienza dei processi organizzativi. Anche il Dipartimento della Funzione pubblica ha promosso il progetto “Competenze digitali per la PA” che punta ad accelerare i processi di trasformazione digitale della PA e a migliorarne i servizi, consentendo a tutti i dipendenti pubblici di poter misurare le proprie competenze digitali. Nell’ambito del progetto è stato realizzato un Syllabus che definisce l’insieme di conoscenze e abilità digitali considerate chiave per la pubblica amministrazione, quali ad esempio: la gestione di dati e informazioni, la sicurezza, i servizi online, la comunicazione, la trasformazione digitale, la privacy.
Un punto di partenza prezioso per tutte le amministrazioni, chiamate a rilevare i fabbisogni formativi del proprio personale e a progettare le necessarie iniziative di aggiornamento professionale.
Competenze digitali: il ruolo delle singole Amministrazioni Pubbliche
Quello delle competenze digitali dei dipendenti, infatti, è un ambito di lavoro continuo di ciascuna amministrazione.
Il Codice dell’Amministrazione Digitale – all’articolo 13 – prevede che le amministrazioni, nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili, debbano attuare politiche di reclutamento e formazione del personale finalizzate alla conoscenza e all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché dei temi relativi all’accessibilità e alle tecnologie assistive. Tali politiche di formazione devono essere altresì volte allo sviluppo delle competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali dei dirigenti, per la transizione alla modalità operativa digitale.
Con riferimento specificamente alle risorse umane e al responsabile dell’ufficio per la transizione al digitale, questi soggetti devono essere dotati di adeguate competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali. I dirigenti, infatti, devono essere preparati non solo per usare correttamente le tecnologie, ma anche per governare la trasformazione digitale, progettare la nuova organizzazione degli uffici e scegliere le soluzioni adeguate ai tempi.
Insomma, a partire dalla formazione, ogni amministrazione può fare la propria parte per raggiungere i risultati che tutti speriamo di riscontrare nelle classifiche dei prossimi anni.
A cura di
Ernesto Belisario
(Avvocato, Studio Legale E-Lex - Curatore del progetto laPAdigitale.it di Maggioli)
Francesca Ricciulli
(Avvocato, Studio Legale E-Lex)